La disoccupazione giovanile

Le cause sono molteplici: la crisi economica mondiale, il mancato incontro tra la formazione dei giovani e il mondo del lavoro, la tanto vituperata “tendenza italiana” alla gerontocrazia. Ma il risultato è sempre lo stesso: la disoccupazione giovanile in Italia è sempre più alta. Nel secondo trimestre del 2010, secondo i dati dell’Istat, il tasso di disoccupazione giovanile è del 27,9%, la stima preventiva che avevano fatto era del 28% (se la cosa ci può consolare). Questo vuol dire che abbiamo avuto una variazione rispetto al febbraio 2009 del 4%. Quindi pur con i tanto acclamati segnali di ripresa dalla crisi economica, l’occupazione giovanile è aumentata anziché diminuire.

Le proposte potrebbero essere tante: sgravi fiscali alle aziende che assumono personale di età inferiore ai trenta anni, maggiore formazione professionale post-diploma e post-laurea, un riavvicinamento alle aziende con stage e tirocini professionalizzanti, o magari, come propone Marco Marinucci, che da dieci anni vive e lavora nella Silicon Valley, l’istituzione delle quote-giovani sul modello delle quote rosa.

Il passo fondamentale è e resta che il lavoro ritrovi il suo posto di privilegiata centralità nel dibattito e nell’azione politica. Nel Paese fondato sul lavoro, un giovane deve vedere il lavoro come mezzo di emancipazione sociale e culturale, come sicuro mezzo di sostentamento, come cemento del patto di cittadinanza che lo lega alla sua patria.