IL SITO DELLA PROVINCIA DI NOVARA

Sottodipartimento "economia di genere"

17.03.2011 02:22

 

“L'economia di genere” è un approccio economico che considera la maggior partecipazione femminile al mercato del lavoro come un potente motore di crescita dell'economia mondiale.

Le donne stanno assumendo un ruolo sempre più importante nel mondo globale, non solo come lavoratrici, ma anche come imprenditrici e manager. Orientano il 60-80% degli acquisti e gestiscono sempre di più quote rilevanti di investimenti finanziari.

L'attenzione all'economia di genere parte dal mondo anglosassone con un nuovo approccio definito Womenomics.

Le donne producono quasi il 40% del PIL nelle economie sviluppate e se si aggiunge il valore del lavoro informale (lavoro domestico e di cura), la quota attribuibile alle donne supera la metà della ricchezza prodotta.

Il mondo di oggi richiede la ridefinizione di nuovi modelli sociali ed organizzativi che devono essere adeguati alle trasformazioni; in caso contrario si perdono posizioni nella crescita economica.

In Italia è proprio ciò che sta accadendo. Siamo l'ultimo Paese europeo sia per crescita economica che per occupazione femminile.

Il tema dell’uguaglianza di genere coinvolge la sfera economica dove si incrociano la difesa dei diritti e l’esercizio delle libertà.

L'equilibrio tra queste due dimensioni, che attengono tanto al potere economico quanto a quello politico, può essere raggiunto tramite precise scelte che devono dare riconoscimento a quelle differenze che la nostra Costituzione tutela.

Tali scelte devono concretizzarsi nella messa in pratica di azioni positive tesa ad un unico obiettivo: “eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella vita lavorativa e favorire il loro inserimento nel mercato del lavoro”, come recita la definizione data dal diritto della Comunità Europea e dalla Corte di Giustizia CE.

Le azioni positive, in favore delle donne, possono svolgere un'azione di sostegno e di promozione all'occupazione   generando una crescita  della ricchezza  del Paese. Una ricerca di Goldman Sachs (Daly 2007)  calcola un possibile incremento del  22%  del PIL per l'Italia derivante da un aumento dell’occupazione femminile.

Una partecipazione paritaria nel mercato del lavoro richiede anche una nuova organizzazione sociale e gli Stati che non hanno adeguato le due dimensioni si trovano in una posizione arretrata sia economicamente che socialmente.

E' il caso dell'Italia. Siamo ultimi per crescita economica e il World Economic Forum ci colloca al 74° posto, su 134 Paesi, per gap democratico sulla rappresentanza,  riscontrando una correlazione tra parità di genere e PIL pro-capite.

Per rispondere alla complessità sociale ed economica i Paesi del Nord-Europa si sono dotati di  nuove e moderne organizzazioni di welfare.

Ultima, in ordine temporale, la Francia che ha visto crescere il suo PIL del 10% dal 2006 al 2009 anche grazie a politiche a sostegno della famiglia e ai servizi alla persona. Questi Paesi sono partiti dall'analisi di alcuni presupposti economici caratteristici dei servizi alla persona: consentono uno sviluppo sostenibile, non sono esportabili, legano qualità della vita e territorio, sono fonte di coesione sociale, producono solidarietà intergenerazionale, contrastano il lavoro sommerso ed aumentano l'occupazione.

Questa è la sfida di un progetto, di cui è promotrice l'UE, che si inserisce nel più importante obiettivo che è la crescita economica.

I risultati sono molteplici: aumento della ricchezza, welfare che coniughi il principio di cittadinanza alla solidarietà familiare ed intergenerazionale, contrasto alla povertà sociale ed alla femminilizzazione della povertà, politiche di conciliazione e condivisione che garantiscano una partecipazione al lavoro e una genitorialità responsabile.

Queste sono le ragioni che spiegano perché l’Italia dei Valori ha deciso di istituire un’area dipartimentale dedicata a “Economia di Genere e Pari Opportunità”.

Franca Longo

Responsabile dell’area dipartimentale “Economia di Genere e Pari Opportunità”

 

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